Pubblicato su politicadomani Num 85 - Novembre 2008

Il Rinascimento in Laguna
Giovanni Bellini, tra natura e sentimenti

Invece che consacrarsi alla ripetizione di formule che gli avevano assicurato il successo, l’artista seppe rinnovarsi in continuazione aprendosi alle molteplici influenze del suo tempo e traendo ispirazione e profitto dal contatto con i giovani

di Alberto Foresi

Giovanni Bellini, figlio di Jacopo, uno degli artisti più illustri della sua generazione, e fratello di Gentile, nacque a Venezia intorno al 1430 e morì, nella stessa città, nel 1516.
Dopo l’apprendistato nella bottega paterna, ancora legata stilisticamente - come, del resto, la produzione di Jacopo - alla ieraticità bizantina e al tardo gotico, che a Venezia comincerà a declinare solo dopo il 1470, Giovanni avvertì molto presto l'esigenza di allargare i propri orizzonti studiando approfonditamente i più innovativi artisti rinascimentali. Guardò quindi sia a quelli che avevano lasciato tracce a Venezia, come Andrea del Castagno nella Cappella di San Tarasio della chiesa di San Zaccaria, sia a quelli che operarono fuori della città lagunare, da Piero della Francesca e Roger Van Weyden - probabilmente conosciuto a Ferrara - ad Andrea Mantegna, nel 1453 destinato a divenire suo cognato per il matrimonio con la sorella Nicolosia.
Risale a circa il 1450 la sua prima opera firmata, il "San Girolamo nel deserto" del Barber Institute di Birmingham, in cui l'autore, nonostante la giovane età, evidenzia già una marcata sensibilità verso i paesaggi, verso una rappresentazione della natura e dei sentimenti antesignana di quella leoardesca, destinata a svilupparsi appieno nella maturità e a divenire uno dei tratti salienti della sua produzione artistica.
Seguì un periodo d'intensi rapporti con il cognato Mantegna, che consentì a Giovanni di conoscere l'ambiente colto ed innovatore di Padova - largamente tributario della cultura fiorentina - e di adottare uno stile compositivo rigoroso e un disegno preciso e lineare. A questa stagione vanno ascritti capolavori come la "Trasfigurazione" del Museo Correr di Venezia, la "Pietà" (Milano, Pinacoteca di Brera), l'"Orazione nell'orto" della National Gallery di Londra e il "Cristo morto sorretto da due putti" (Milano, Museo Poldi Pezzoli). Proprio ad indicare la stretta connessione con il cognato merita di essere ricordata anche la “Presentazione di Gesù al Tempio (ora conservato nel museo della Fondazione Querini Stampalia, a Venezia). La tavola venne attribuita per la prima volta a Giovanni Bellini dal Berenson solo nel 1916: fino ad allora era stata considerata un'opera di Mantegna, sia sulla base di un'iscrizione apocrifa apposta sul retro, probabilmente nel Settecento, sia per il collegamento con la Presentazione di Gesù al Tempio del Mantegna (oggi a Berlino) di cui ripete lo schema compositivo.
Dopo essersi procurato una notevole fama con queste opere, attorno al 1465 fu incaricato di lavori più ambiziosi. Nel campo della produzione della pala d'altare, in cui ben presto la sua bottega raggiunse una posizione egemone, spicca il "Polittico di San Vincenzo Ferreri" (Venezia, Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo), dall'illuminazione arditamente contrastata e la cornice di ispirazione rinascimentale nella struttura e nelle decorazioni.
Tra il 1470 ed il 1475, probabilmente a seguito d'un viaggio nella città d'Urbino, entrò in contatto con la pittura di Piero della Francesca e successivamente, a Venezia, intraprese un reciprocamente fecondo dialogo con Antonello da Messina, presente allora nella città lagunare. Tale fase si concretizza nell'esecuzione di numerose pale d'altare che rinnovano radicalmente la tipologia della Sacra conversazione architettonica. Intanto approfondisce le ricerche nel campo della prospettiva e della luce, grazie all'adozione ed al perfezionamento della tecnica a olio. Rimarchevole la "Pala di Pesaro", databile al 1474, che dall'arte di Piero deriva l'impeccabile costruzione prospettica e la complessa architettura del trono, impreziosito da inserti marmorei e bassorilievi d'ispirazione classica.
Gli anni seguenti furono caratterizzati da un notevole ampliamento della bottega, dettato dalla necessità di far fronte alle crescenti richieste della committenza ed agli incarichi ufficiali. Tra le opere realizzate: l'"Estasi di San Francesco" (Collezione Frick, NewYork), la "Trasfigurazione" (Galleria Nazionale di Napoli), la "Sacra allegoria" (Uffizi), e soprattutto la "Pala di San Giobbe" (Accademia di Venezia). Quest’ultima, in un'architettura simmetrica, presenta sei maestose figure di santi al centro delle quali si dispone la Vergine col Bambino. E proprio il tema della "Madonna con il Bambino" è l’argomento della vasta produzione d'immagini destinate alla devozione privata di questo periodo, nelle quali Bellini dà prova di straordinaria inventiva e che trovano il loro acme nella splendida "Madonna del prato" della National Gallery di Londra.
Caratteristica della sua lunga e gloriosa carriera artistica, costellata da importanti incontri, fu proprio l’apertura alle molteplici influenze da essi derivanti, che spiegano le continue variazioni del suo stile. Invece che consacrarsi alla ripetizione delle formule che gli avevano assicurato il successo, negli ultimi anni della sua carriera Bellini seppe rinnovare la sua ispirazione ed il suo linguaggio, traendo ispirazione e profitto dal contatto proprio con giovani pittori quali Giorgione e Tiziano e dal loro innovativo linguaggio pittorico che si andava affermando nel panorama artistico della Serenissima: il "Battesimo del Cristo" della chiesa della S. Corona a Vicenza, la "Pala di S. Zaccaria" e la "Pala di S. Giovanni Crisostomo", entrambe nelle omonime chiese veneziane, sono chiari esempi di questa influenza. A questo periodo risalgono anche importanti dipinti di soggetto profano come il "Festino degli dei" (National Gallery di Washington), commissionato da Alfonso I d'Este e rimaneggiato da Tiziano, e alcuni dei suoi più bei ritratti, come quello del Doge Leonardo Loredan (National Gallery di Londra), che rivela un'altissima qualità pittorica ed una notevole abilità mimetica, anticipatrici di quell’estro ritrattistico che caratterizzerà la produzione di tal genere di Tiziano Vecellio.

 

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